Severità e indulgenza

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Due fatti di cronaca a confronto, (uno è quello del sondaggio della settimana). Due comportamenti agli antipodi dell'animo umano

Severità – Un difficile eroismo. Cronaca recente. Un ragazzo di 18 anni che ha appena preso la patente, si mette alla guida ubriaco e drogato, investe in pieno un uomo, non si ferma, anzi scappa veloce e va a casa. I genitori vedono la macchina danneggiata, e lui dice che ha avuto un piccolo incidente, tipo una strisciata sul muro, e va tranquillo a letto. I genitori non gli credono. Fanno a ritroso la strada che ha percorso il figlio, e vengono a sapere che è stato investito un turista sloveno, ed è morto. Avvertono i Carabinieri. Il figlio viene arrestato. Confessa.

Ho provato una dolente ammirazione per questi genitori così atipici, che non intendono la famiglia come una mafia dove bisogna “coprirsi” gli uni con altri, e se a tuo figlio danno un brutto voto vai a picchiare il maestro, punendolo per aver fatto il suo dovere. Ci vuole molto coraggio per uscire in macchina e rifare la strada, determinati a sapere la verità, ci vuole coraggio per denunciare un figlio, e subire lo strazio di vederlo portare via dai Carabinieri. Ci vuole di credere nell’onestà, nel rispetto dell’altro, nella necessità di far capire al figlio che le colpe si pagano. Bisogna amare moltissimo un figlio, per fare questo.

Indulgenza – E le vittime? A Reggio Emilia, un giovane pakistano attira un suo vicino di tredici anni, disabile, gli dice andiamo a fare un giro in bicicletta. Lo porta in su un prato e lo violenta. Il bambino dice tutto ai genitori, che lo portano dal medico, il quale conferma la violenza avvenuta. Quando lo stupratore si vede scoperto, minaccia davanti a tutti  il bambino: «Ti avevo detto di stare zitto!».

Bene, questo signore è libero, ha solo l’obbligo di firma, cioè, far vedere che è nei paraggi, e continua a girare sulla stessa bicicletta. Perché il giudice è rimasto ammirato:  “Lo straordinario senso di autodisciplina dimostrato dall’indagato, che si è messo da solo ai domiciliari, basta, anche senza la pienissima confessione, a garantire le esigenze cautelari senza bisogno del carcere”.  Ora, se un delinquente si vede elogiato come un eroe della patria per avere accettato i domiciliari (cioè, di restare comodo a casa sua), davanti a una giustizia così ridicola, la prossima volta ne violenta due, di bambini, poi farà il buono, e sarà molto ammirato per il suo squisito senso della civiltà. Ehi, e le vittime? Quel bambino e quei genitori che si vedono scorrazzare sotto gli occhi l’orco libero e tranquillo? Quale straordinario senso dell’autodisciplina, quale sovrannaturale autocontrollo si richiede, a loro, perché non si vendichino in maniera primordiale? 

 

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