Sigarettina, vizio faticoso e fuori moda

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Una volta ce l'avevano tutti in mano o in bocca. Mentre oggi, accendere una sigaretta significa sorbettarsi un pesante pippone dai non fumatori

Sigarettina, quando le chiacchiere con le amiche diventano fitte, fitte. Svapora, in montagna insieme al gruppo con cui sono cresciuta e ci siamo fatti le prime. Sippola, se me la offre mio figlio dedito al vizio (l’altro, invece, se n’è liberato).

Comunque la si chiami, nel momento in cui si accende una sigaretta parte la libidine pura. Nonostante sia scientificamente provato che sia dannosissima, oltre che (diciamolo) ormai passata di moda.

Anzi, addirittura considerata pericolosa alla stregua di un’arma da taglio, un mitra o una bomba atomica, tant’è che il divieto di fumare pare verrà presto allargato anche agli spazi aperti. Cominciando dai parchi e le fermate dei mezzi pubblici, come già succede negli Usa e in altri Paesi.

Pur appartenendo alla categoria di coloro che continuano a girare con il fedele pacchetto in tasca, ho accolto la notizia piuttosto bene. Soprattutto considerando che la vita di noi viziosi è da tempo comunque molto faticosa.

Me ne accorgo nei momenti in cui magari sono senza accendino, visto che non trovo più nessuno che ne abbia uno da prestarmi. Dettaglio che qualche anno fa era dato per impossibile.

Arriviamo, infatti, da epoche in cui fumare come turchi era all’ordine del giorno. Al punto che anche nei film in bianco e nero, magari c’era un padre che andava a trovare il figlioletto in ospedale. E, seduto sul letto in corsia, parlava al piccolo (già rantolante) sbuffandogli addosso (poverino) velenose nuvolette bianche.

Una scena che oggi fa rabbrividire pure me, smoked addicted convinta. Perché penso che, come in ogni cosa, anche per le sigarette ci vogliano delle regole. E un doveroso rispetto del prossimo. In una parola, educazione.

Detto questo, mi faccio una domanda: Inasprire il divieto di fumo serve davvero? (che poi è il titolo di un articolo su Confidenze in edicola adesso).

Considerando che spesso la gente se ne frega altamente degli altri, forse un pochino serve. Ma da qui a diventare talebani il passo è lungo. Il che, a mio avviso, vale sia per gli amanti delle boccate alla nicotina sia per chi le detesta.

Ciò che intendo è che negare per legge quei pochi minuti di piacevoli aspirate a chi sta aspettando un autobus in una città soffocata dalla cappa di inquinamento mi sembra ridicolo. Dopodiché, se fosse consentito io personalmente rinuncerei senza problemi in presenza di altre persone vicine.

Forse è vero, però, che non sono ancora una tabagista all’ultimo stadio. Tant’è che al ristorante non mi viene neanche in mente di alzarmi dal tavolo per l’intervallo smoking. Così come quando atterro in aeroporto non mi precipito fuori alla velocità di un ratto spaventato, bramosa di accendere una sigaretta.

Eppure, dopo una cena con i fiocchi o alla fine di un volo, mi piace l’idea di estrarre il pacchetto. Ma quando dicevo che noi fumatori ormai abbiamo vita faticosa, è perché chi ha smesso (o non l’ha mai fatto) si sente legittimato a tirarci dei pipponi allucinanti.

«Lo sai che fa male?» oppure «Ne senti davvero il bisogno?» sono le frasi che bombardano le nostre orecchie con puntualità disarmante e una buona dose di idiozia. Perché è chiaro che solo un cretino non conosce la nocività della sigaretta. Quindi, chi l’accende sa già i rischi che corre. Ma ha lo stesso una gran voglia di gustarla in santa pace.

Invece, il piacere è turbato dal sentirsi severamente giudicato, non si sa bene con quale diritto. Io, per esempio, pur essendo pseudo astemia e propensa all’alimentazione sana, non mi permetterei mai di bacchettare chi beve alcolici o mangia cibo spazzatura. Non “pericolosi” come il fumo, ma non proprio healthy neppure loro.

Allora sapete cosa consiglio di bello? Cerchiamo tutti di vivere lasciando vivere. Anche perché se un’aggravante del fumo è l’odore che impregna gli abiti, vogliamo parlare dei vestiti che puzzano di fritto? Una bella lotta.

Confidenze