Se fossi nata Alberto anziché Alberta, avrei una personalità piuttosto stravagante, estroversa e creativa. Inoltre, secondo il test Che uomo saresti? che trovate sul numero di Confidenze in edicola adesso, sarei anche un tipo eclettico, affascinante e molto intelligente.
Invece, mannaggia, sono nata donna e l’unica definizione del profilo che penso mi appartenga sul serio sia “spirito libero”. Anche se negli anni ho capito che più della libertà vera e propria sono innamorata della sua idea.
Se potessi fare tutto quello che mi viene in mente, infatti, non credo che sarei particolarmente felice, anzi. I paletti, gli obblighi, gli orari e le restrizioni che appartengono a ognuno di noi sono per me dei fondamentali per raggiungere il top della contentezza.
Ho fatto questa considerazione quando aspettavo il mio primo bambino. In congedo maternità, non avevo nessun impegno se non quello di riempire le giornate. E visto che dopo la scuola ho iniziato subito a lavorare, non mi era mai successo in vita mia. Ma se pensavo di spassarmela ai massimi, settimana dopo settimana mi sono accorta che tutto quel tempo a disposizione mi annoiava a morte.
Alzarsi alla mattina e decidere senza vincoli cosa fare è molto allettante. Ma, almeno nel mio caso, solo sulla carta. Perché l’agenda piena zeppa di commissioni, tanto da fare in redazione e la sera già organizzata, a me riempiono di adrenalina e di energia. Tant’è che se dovessi descrivere un lato del mio carattere userei la definizione: “desiderosa di saturare il tempo”.
Quando l’ho sentita (attribuita a una persona che non conosco) ho pensato che fosse perfetta anche per me. Che invoco la libertà quando, in realtà, la vivo come uno splendido e meritatissimo premio alla prigionia. In altre parole, penso che il weekend sia una grande figata esclusivamente perché segue la settimana di lavoro. E che una lunga vacanza sia un sogno solo perché a un certo punto finisce.
Così, se quando sono via amo non avere orari e prendere la direzione del vento, appena torno mi piace da pazzi rituffarmi nei ritmi serrati, precisi e inderogabili (il logorio della vita moderna lo chiamava Ernesto Calindri). E lo faccio con la gioia di un bambino davanti al barattolo di marmellata.
Sì, insomma, sarò particolarmente nevrotica, ma gli impegni obbligatori per me sono una specie di cuccia che assicura una confortante regolarità e una buona dose di ordine alla mia esistenza.
Ma per trasformare gli oneri in onori e non viverli come un giogo ho bisogno di non sentirmi costretta. Quindi cerco di organizzarmi. Per esempio, tenendo dei giorni di ferie arretrate che non farò mai. Ma sapere che sono lì a mia completa disposizione mi dà l’impressione di aver sempre sottomano una via di fuga dai doveri. E mi convince che andare puntuale in redazione è una mia scelta.
In realtà non è proprio così, visto che alla scrivania devo presentarmi per forza. Ma come dicevo prima, più della libertà (che oltre un certo limite quasi mi spaventa) il mio spirito libero mi fa amare l’idea di poterne godere appena ne sento la necessità.
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