Secondo una ricerca di SocialCom-Blogmeter letta su Prima Comunicazione, nel novembre scorso i media italiani hanno pubblicato 35.545 articoli contenenti la parola Black Friday, 105.100 con Natale. E, udite, udite, ben 553.875 con Covid e Greenpass.
I dati la dicono lunga: la pandemia e le informazioni che la riguardano hanno preso il sopravvento su qualsiasi nostro interesse. Perché passi la poca enfasi sul venerdì degli sconti imbattibili, ma il Natale messo in secondo piano ha davvero dello stupefacente.
Invece, anche adesso che la festa più bella dell’anno è alle porte (ormai manca solo una settimana), giornali e televisioni ne parlano molto meno rispetto a vaccinazioni, richiami, regole per le vacanze e contagi di nuovo in crescita. Confermando che il mondo è cambiato in modo radicale. Compreso quello dell’informazione.
Ripenso, infatti, al Natale 2019 e al gennaio 2020, quando vedevamo le immagini di una Wuhan completamente deserta. Distratti e senza neppure ascoltare il telegiornale, convinti i cinesi fossero gente piuttosto strana e il Covid qualcosa di lontano anni luce che mai ci avrebbe sfiorati.
Tant’è che, del tutto (e beatamente) ignari della tragedia che da lì a qualche settimana si sarebbe abbattuta anche su di noi, continuavamo la nostra vita senza il minimo allarmismo. Al punto che appena la faccenda ha iniziato a mettersi male, ostinatamente l’abbiamo rifiutata. Anche nelle redazioni. Dove, ricordo come fosse ieri, durante la riunione settimanale per decidere le scalette del giornale, c’è stato un periodo in cui ci dicevamo: «Basta parlare di Covid».
A quella fase, poi, ne è seguita una ancora più assurda, se rivista oggi. Il «Basta», infatti, aveva lasciato il posto a un laconico «E’ inutile», dettato dalla convinzione che, essendo Confidenze un settimanale, una volta in edicola avrebbe riportato notizie ormai vecchie.
Purtroppo, i fatti non ci hanno dato ragione. E se in questi due anni di pandemia abbiamo continuato a scriverne ininterrottamente, è probabile che l’argomento rimanga il più pubblicato su qualsiasi periodico ancora a lungo, senza il rischio (neppure per i mensili) di arrivare in mano ai lettori poco attuali.
D’altronde, il tema del virus non è prepotente solo sulle pagine dei giornali. Al telefono non si parla d’altro. E quando si incontra qualcuno (amico, parente, collega in smartworking o conoscente) la prima domanda è sulla vicendevole situazione vaccinale.
In tutto questo disastro, va abbastanza da sé che la parola Natale negli articoli sui media sia precipitata nella top ten delle più usate. Perché se il pezzo è sulla corsa ai regali, più che i doni si citano le mascherine, obbligatorie per entrare nei negozi. Se, invece, l’argomento è la festa della famiglia riunita, l’attenzione cade sull’apertura ai vaccini per i bambini dai cinque anni. Mentre tutti i servizi sulle vacanze indicano come, dove e quando va mostrato il Greenpass nella meta prescelta.
Insomma, ormai non esiste più nulla che non venga collegato al Covid. Il che, oltre che preoccupante, è davvero avvilente. Il bello dell’essere umano, però, è che nella difficoltà riesce sempre a trovare un lato positivo. Infatti, pur nella tristezza del momento, tutti noi pensiamo che, rispetto all’anno scorso, questa volta siamo molto più fortunati. Perché, mascherati e vaccinati, possiamo uscire dal comune di residenza. Dalla regione. E passare di nuovo le feste con le persone a cui vogliamo bene.
La normalità, fino al Natale 2019. Un vero lusso in quello del 2021. Quindi dai, cerchiamo di godercela!
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