“Sulla bella costa della riviera francese, a mezza strada tra Marsiglia e il confine italiano, sorge un albergo rosa, grande e orgoglioso. Palme deferenti ne rinfrescano la facciata rosata, e davanti a esso si stende una breve spiaggia abbagliante. Recentemente è diventato un ritrovo estivo di gente importante e alla moda; dieci anni fa, quando in aprile la clientela inglese andava verso il Nord, era quasi deserto. Ora molte villette vi si raggruppano intorno; ma quando questa storia incomincia, soltanto i tetti di una dozzina di vecchie ville marcivano come ninfee in mezzo ai pini ammassati tra l’Hotel des Etrangers di Gausse e Cannes, otto chilometri più in là”.
Rosemary arriva da Hollywood. Ha solo 18 anni, ma è già considerata l’astro nascente del panomara cinematografico.
È una mattina di giugno. Siamo in Europa. 1925. Rosemary, in vacanza con la madre, scende in spiaggia. Qui incontra un gruppo di americani e, tra questi, spiccano i coniugi Diver, Dick e Nicole.
La giovane donna subisce il fascino dell’uomo, uno psichiatra che ha lasciato la professione per dedicarsi alla moglie, affetta da schizofrenia. Con questa sembra condividere una vita dorata tra viaggi infiniti e feste strepitose: sullo sfondo, le note di un piano.
Tenera è la notte (il titolo, meraviglioso, non è opera dell’autore come in molti credono ma è stato preso in prestito da un verso di Ode a un usignolo del poeta inglese John Keats) uscì nove anni dopo il successo de Il grande Gatsby ed è considerato il romanzo-vita, il più sofferto, dell’autore americano. Nella storia d’amore e di prigionia emotiva tra Dick e Nicole, nei contorni delineati alla perfezione dalla costanza descrittiva di Fitzgerald, si esplicitano tutti gli aspetti di un’età, quella del Jazz, che ha percorso a perdifiato un tempo breve, quello compreso tra la fine del primo conflitto mondiale e la depressione economica del ’29.
Tenera e brillante, appare la notte agli occhi della giovane Rosemary. Ma il buio non può nascondere la verità: l’allegria è solo apparenza, i valori sovvertiti, l’alcol l’unico re, la società frivola, arrivista. Le persone, anche Dick, soprattutto Dick, disperate.
Quanto sarà stato pesante, o al contrario taumaturgico, raccontare la malattia mentale e tutto quello che questa coinvolge e sconvolge per un uomo che accanto, nella vita vera, ha avuto una donna affetta proprio da quella patologia? In molte opere Fitzgerald ha dipinto utilizzando tecniche miste se stesso e Zelda, la loro passione, la loro speranza, la resa.
Nicole troverà un modo per riscattarsi. Per allontanare da sé la cura, rappresentata dal marito stesso.
Tenera è la notte è un romanzo che abbraccia, attraverso una metafora ardita ma potente, la scienza: la malattia è curabile, ma della cura bisogna saper fare a meno. Ci salvano i farmaci. Ci salva la vicinanza costruttiva dei nostri cari e quella diagnostica e protocollare dei medici.
Mai confondere la riconoscenza con l’amore, però. Mai fare della malattia il centro della nostra vita. Questo vale per il paziente ma anche per tutte le figure che intorno a questo ruotano.
Ps: i grandi classici hanno sempre cose importanti da dire, questo ricordiamolo sempre. Nascono dal vissuto, dal patimento reale, dalla necessità di comunicare.
F. Scott Fitzgerald, Tenera è la notte, Mondadori
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