Sara G. esce sempre di casa perfettamente truccata. E anche se non mette piede fuori per tutto il giorno, abbina comunque con attenzione i vestiti che indossa. Però, dichiara serafica: «Non amo lavarmi» (che poi è il titolo della testimonianza, che trovate su Confidenze in edicola adesso). E, tanto per rincarare la dose, aggiunge: «Farlo tutti i giorni è una scocciatura».
Di solito tendo a rispettare opinioni e comportamenti che non condivido. Ma in questo caso, sarete d’accordo con me, è dura.
Intanto, perché reputo la doccia della mattina uno dei grandi piaceri della vita, con quel magico alternarsi di acqua bollente, che si porta via i rimasugli di sonno, e gelida, che risveglia la circolazione e dà una carica di energia.
E poi, perché oltre che di grande soddisfazione, indossare gli abiti sulla pelle fresca e profumata penso sia doveroso nei confronti di se stessi e degli altri.
Detto questo, confesso che se nella vita normale considero la doccia il modo migliore per dare un festoso saluto alla giornata che mi aspetta, in periodo di quarantena la vivo con minore entusiasmo.
Attenzione: non sto dicendo che dall’8 di marzo a oggi mi sono trasformata in un maleodorante sacco pulcioso con sterpaglie aggrovigliate al posto dei capelli. Ovviamente no! E’ vero, però, che settimana dopo settimana sposto sempre più in là l’appuntamento con sapone e shampoo.
A giocare contro la puntualità ci sono la sveglia tardi alla mattina e la colazione assaporata con una placida calma da grand hotel. Ma non solo.
Se sono ritrosa a piazzarmi sotto il getto dell’acqua di questi tempi è perché voglio rimandare il più possibile il via ufficiale all’ennesima giornata che trascorrerà sotto una cappa di angoscioso immobilismo.
Sì, perché per me quella cascata sul corpo è sempre stato il delizioso preludio alla vita che mi attende fuori casa. Ma visto che il Covid-19 mi tiene reclusa (e lo farà anche dopo il 4 maggio), oggi tento di difendere la mia salute mentale fingendo che la vita possa aspettarmi.
Rimandare l’appuntamento con l’igiene, insomma, mi aiuta rimandare anche il pensiero di tutto il tempo che stiamo buttando via come carcerati. Ed ecco, allora, che mentre sogno di rientrare in possesso della libertà che la pandemia mi ha rubato, ogni giorno faccio questo: a una certa ora mi aggiro titubante nel bagno guardando il soffione con un mix di desiderio e repulsione. Come un bambino che vuole accarezzare un cane ma ha paura, avvicino e allontano la mano dal rubinetto. Poi, con un atto eroico apro l’acqua ed entro nella nicchia strisciando contro la parete per schivare il getto, come se per strada mi avesse colto un temporale improvviso.
Alla fine, però, mi arrendo. Lascio che la cascata di goccioline tamburelli la mia pelle, permetto alle note profumate del sapone di avvolgermi e, finalmente fresca, pulita e ritemprata, mentre mi asciugo non riesco a non chiedermi (con orrore) come Sara G. possa rinunciare a tutto questo. Con l’aggravante di un makeup stantio spalmato sul viso e addosso vestiti magari chic ma stazzonati!
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