Il sommario dell’articolo Vacanze in famiglia sulla neve (lo trovate nel numero di Confidenze in edicola adesso) recita: la montagna offre a genitori, bambini e nonni giornate di divertimento assicurato. Ed è verissimo.
Io, per esempio, in montagna me la sono sempre spassata alla stragrande. Sia da piccola, sia con i figli al seguito. Chissà, magari quando avrò dei nipotini cambierò idea (nel caso, sarà mia premura farvelo sapere). Al momento, però, amo talmente i soggiorni sulla neve da sfidare chi li detesta a dirmi quale altro posto permette di stare all’aria aperta tutto il giorno in pieno inverno.
Eccolo il dettaglio che rende le vette la meta top per la stagione gelida: tra sci, passeggiate a piedi, discese in slitta e risalite con le ciaspole, anche se le temperature precipitano sotto lo zero in quota si rischia comunque di sudare.
Esagero? Forse un pochino sì, perché mani e piedi cristallizzati mi accompagnano da quando sono minuscola. Però, pensando all’infanzia mia e a quella dei miei (ormai) ragazzi, mi rendo conto che sono trascorse all’insegna della salute e dello sport, visto che ognuno di noi si è sempre svegliato all’alba, presentato agli impianti all’ora di apertura, ha sciato almeno tre o quattro ore ogni santo giorno e si è rintanato in casa solo quando faceva buio.
Questo significa che per anni abbiamo respirato ossigeno puro, tonificato i muscoli ed evitato di ciondolare come zombi nei nostri weekend invernali.
Certo, a volte ci sono stati momenti difficili per tutti. Per esempio, ricordo come un incubo quando ero bambina e mia mamma mi obbligava a presentarmi alle lezioni di sci anche se fuori pioveva a dirotto.
Di quelle mattinate (per fortuna rare perché ai tempi ancora nevicava!) confesso di serbare pensieri non proprio benigni.
Infatti, mentre dalle finestre filtrava un grigio plumbeo che non prometteva niente di buono e la dolce mammina mi tirava fuori dal letto calduccio per scaraventarmi sulle piste nonostante il diluvio, venivo pervasa da istinti omicidi.
E poi, camminando verso la funivia con gli sci in spalla, mi dicevo che mai e poi mai mi sarei comportata nello stesso modo privo di pietà con i miei figli. Invece, appena ho potuto metterli sugli sci non ho dato loro scampo. E i poverini hanno avuto un sergente (io!) ancora più invasato.
Sì, perché tra me e la nonna c’è stata una bella differenza. Lei non veniva spesso sulle piste, quindi potevo rintanarmi in un bar dove tirare la chiusura degli impianti sola, soletta e nascosta tipo vittima di un sequestro di persona. Ovviamente senza consumare, perché la merenda era prevista al ritorno e non avevo mai mezzo centesimo in tasca. Ma almeno mi concedevo una tregua dalla tormenta.
I miei bambini, invece, erano controllati a vista: io salivo e scendevo sempre con loro e nell’arco della giornata riuscivano a sedersi qualche minuto soltanto nelle risalite in ovovia. Perché se per caso li beccavo in panciolle in baita, li ruzzavo fuori a spallate, più severa di un implacabile buttafuori.
Tutto questo aveva un rischio: che arrivassero a odiare la montagna. Eppure, dentro di me batteva la certezza che, una volta adolescenti, avrebbero iniziato a non considerare più i soggiorni sui bricchi la semplice occasione per fare sport con gli amici. E i fatti mi hanno dato ragione. Anche per loro il “nostro posto” è diventato il luogo delle vasche in paese senza genitori sul groppone. Degli aperitivi in compagnia dei coetanei. Delle serate in discoteca. E, soprattutto, dei primi amori e dei baci più romantici: quelli che ti scaldano nonostante il freddo boia.
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