Qualcuno le chiama paure ataviche perché affondano le radici nelle nostre origini, negli avi (atavi) che ci hanno preceduti o più presumibilmente nel tempo indefinito dell’infanzia, che ancora non siamo riusciti a metabolizzare.Ciascuno di noi nel proprio inconscio ne conserva più di una, piccoli timori ancestrali che vengono fuori nei momenti più disparati, specie da adulti.
I più comuni sono la paura del buio o del temporale come simbolo dell’incognito, dell’inesplorato; la claustrofobia, ovvero il terrore degli spazi troppo angusti e l’agorafobia, cioé il panico che si scatena a stare in luoghi troppo affollati. Io ho un’amica, per esempio, che non riesce ad entrare alla Stazione Centrale di Milano senza che le venga la tachicardia e i sudori freddi quando comincia a sentire troppa folla intorno. Mio nipote di vent’anni ha paura dell’aereo e non c’è verso di fargliela passare.
Volete sapere qual è la mia di fobia? Io ho paura degli uccelli, se sento uno battito d’ali troppo vicino a me vado nel panico. E così quando mi tocca attraversare piazza Duomo a Milano passo sempre vicino alla cattedrale, e mai sul sagrato, evitando così il volo radente dei piccioni ormai addomesticati a planare sulle teste di turisti e passanti. Non parliamo poi se entra in casa un uccellino, è più facile che esca di corsa prima io che lui. E poi sì, anch’io ho paura del buio, se mi trovo a dormire in casa da sola, senza mio marito e mio figlio, lascio una lucina accesa in camera da letto, proprio come i bambini. Di questa irrazionalità non so darmi spiegazione. Mi torna in mente che quando ero bambina, davanti a una mia incertezza o timore, mio nonno mi diceva sempre: «Che cos’è la paura? La puoi toccare in carne e ossa? Esiste davvero? » E quel suo approccio empirico mi aiutava a sfatare tante angosce. A volte cerco ancora di applicarlo nelle situazioni più difficili ma non sempre riesce facile.
Insomma le nostre paure ci rendono più fragili ma anche più umani agli occhi degli altri, e bisogna imparare a conviverci senza drammi, anche se celano traumi infantili mal superati.
Io francamente di traumi non ne ho subìti, ma preferisco non indagare troppo sul mio inconscio, la sua potenza mi ha sempre messa a disagio. Vi invito però a leggere la bella storia Il Temporale raccolta da Daniela Massetti dove, nell’arco di un pomeriggio, una donna che soffre di paura di abbandono vive un succedersi di stati d’animo ed emozioni che neppure lei immaginava potessero capitarle.
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