Il 1 dicembre è il World Aids Day 2018, un appuntamento che ogni anno rinnova la soglia di attenzione verso le malattie sessualmente trasmissibili, di cui l’Aids è la più temuta.
Oggi nel mondo ci sono 37 milioni di persone affette da virus Hiv ed è risaputo che il principale veicolo di infezione sono i rapporti sessuali non protetti. Considerato che il 69% della popolazione sessualmente attiva ha un amplesso alla settimana (stando agli ultimi dati diffusi proprio in occasione del WAD) risulta evidente l’importanza della prevenzione e dell’informazione, specie tra i più giovani. Non a caso proprio in occasione del 1 dicembre viene annunciata una partnership internazionale tra RED, l’associazione fondata da Bono Vox (il leader degli U2) e Bobby Shriver, per raccogliere fondi e sostenere un progetto di aiuto umanitario in Sudafrica grazie a un’edizione limitata di preservativi e una campagna informativa sulle radio e tv italiane per promuovere il sesso sicuro.
Ma le iniziative previste in tutta Italia per il 1 dicembre sono davvero tante. A Milano per esempio viene inaugurato il primo Checkpoint al di fuori di una realtà ospedaliera per la prevenzione dell’Aids e altre malattie sessualmente trasmissibili. Il presidio si trova presso La Casa dei Diritti in via de Amicis e sarà interamente gestito da diverse associazioni di pazienti (Anlaids, Asa, Cig Arcigay, Lila e NPS) con il supporto di SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali) Lombardia. Il centro vuole diventare un punto di riferimento nella realtà cittadina, per chi cerca consigli, informazione supporto e vuole confrontarsi con persone che lavorano nel mondo delle associazioni vicine ai malati di Hiv.
In questi giorni viene anche lanciato il progetto #Trattamibene www.hivtrattamibene.it – promosso da Gilead Sciences con il contributo di nove associazioni di pazienti e il patrocinio di ICAR (Italian Conference on Aids and Antiviral Research) – un’iniziativa social alla quale può contribuire chiunque abbia un’esperienza da raccontare in materia di virus Hiv (utilizzando l’hashtag ufficiale #TrattamiBene) allo scopo di identificare e affrontare i nuovi bisogni di chi convive con il virus.
Anche l’arte è vicina alla causa dell’Aids e se domenica 1 dicembre verrà di nuovo esposta nelle principali città la tradizionale Coperta dei Nomi (quest’anno prende il via il progetto di digitalizzazione delle coperte voluto da ASA con una racconta di crowdfunding) dal 26 novembre al 1 dicembre le nostre città si colorano per la causa dell’Hiv.
A Roma un autobus a due piani girerà per le vie rivestito da un’opera artistica di Knet, street artist di Salerno che ha già collaborato con l’Arcigay di Napoli: una mano che, idealmente, rappresenta i progressi scientifici e l’informazione, fa esplodere la bolla che racchiude le persone che convivono con l’HIV, permettendo loro di uscire dall’isolamento e tornare a vivere in società alla pari degli altri.
A Milano invece a a girare su un autobus per le vie del centro sarà un’opera floreale che, una volta inquadrata da uno smartphone, verrà attaccata dal virus. Ma, al contrario di quanto ci si possa aspettare la vegetazione resta rigogliosa e non muore. Un messaggio che vuole far capire che oggi, grazie ai progressi e all’innovazione scientifica è solo la vita a essere contagiosa. Entrambi i soggetti artistici fanno parte della campagna di realtà aumentata voluta da #Trattamibene.
Anche su Confidenze di questa settimana trovate una storia vera dedicata al tema dell’Aids : Nonostante tutto, vivo raccolta da Anna Gavassi.
Vi dico subito che non è il racconto di una tossicodipendente o di una prostituta (le categorie più a rischio), o di “una che se l’è andata a cercare” come spesso vengono catalogate le persone con una vita sessuale promiscua. A parlare è una donna con una vita sessuale normale, che a un certo punto della sua esistenza si è trovata impelagata in un’avventura più grande di lei (fortunatamente a lieto fine). Vi invito a leggere il racconto e a fare tesoro delle sue parole, soprattutto quando dice che il vero pericolo è non fare il test per l’Hiv per la paura di scoprire di essere sieropositivi.
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