Verso la città vietata

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Alexandra David Nèel è stata la prima donna a vedere Lhasa, la città sacra del buddismo, a lungo proibita agli occidentali. Un'impresa durissima, una grande avventura 

 

Alexandra si stringe nel cappotto e mette altra legna sul fuoco. Il tè bolle con un glu glu glu che la conforta, nella notte fredda. Yongden, il figlio adottivo, è andato in esplorazione e lei ha tempo per ragionare sulla meta di quel viaggio che sta per intraprendere, Lhasa, la città proibita agli occidentali. Pura pazzia.

Yongden torna e si siede vicino a lei.

«Andiamo?».

«Andiamo».

Nulla ha mai fermato Louise Eugenie Alexandrine Marie David, nata a Saint-Mandé, in Francia, il 24 ottobre 1868. Quando ha sette anni i genitori si trasferiscono a Bruxelles. Alexandra è graziosa, vivace, può ambire a un bel matrimonio, ma compiuti 18 anni ne ha abbastanza dell’atmosfera di casa, così prende la bici e parte per la Spagna. Più avanti sarà la volta di Londra, per studiare inglese, di Parigi, per frequentare la facoltà di lingue orientali della Sorbona; si interessa di buddismo, filosofia e geografia, nella capitale francese si avvicina ai movimenti femministi, ormai la sua famiglia asfittica è solo un ricordo.

Eppure, proprio grazie a quella famiglia, la sua vita prende un’ulteriore svolta; la nonna materna le lascia una bella eredità, Alexandra decide di spenderla viaggiando, ha 22 anni e il mondo a disposizione.

Chi viaggia senza incontrare l’altro, non viaggia, si sposta”.

Tra il 1890 e il 1891, gira l’India in lungo e in largo. Una volta a casa, comincia a scrivere articoli e saggi, solo che non riesce a mantenersi, c’è bisogno di un piano B, che arriva grazie alla sua voce da soprano. Alexandra canta all’Opera di Hanoi, nel 1902 le viene offerta la direzione del teatro di Tunisi, ma nel 1903 decide di smettere, dalla vita vuole altro. A Tunisi ha conosciuto Philippe Néel un bel dongiovanni di 39 anni, con gli occhi azzurri e molto fascino, sono liberi entrambi e dopo una soddisfacente frequentazione decidono, nel 1904, di sposarsi.

Il matrimonio è un disastro.

Alexandra non sopporta il passato sentimentalmente burrascoso del marito, lui ha stima di lei, ma è troppo intellettuale per la sua anima da scapestrato; dall’altro lato, lui è stufo di correre dietro alle gonnelle e lei di aspettare il pagamento di un articolo, potrebbero anche adattarsi, solo che Alexandra non è tipo da mettere radici e aspetta soltanto il momento per partire, che arriva nel 1911, quando, in agosto, si imbarca per l’Asia.

Philippe non lo sa, ma la rivedrà solo nel 1925.

La prima tappa è Ceylon, poi Calcutta, Colombo, un incontro con il Dalai Lama, Benares, il Nepal, sempre avanti, programmando nuovi viaggi e non servono a niente le lettere di Philippe, alla fine, il marito si rassegna, forzare Alexandra è inutile.

Nel Sikkim, un piccolo stato indiano sull’Himalaya, prende al suo servizio Aphur Yongden, un ragazzino tibetano di 14 anni che ha la sua stessa sete di avventura.

«Voglio viaggiare» è la prima cosa che le dice, e Alexandra capisce di aver trovato un’anima affine. Yongden diventa il suo cuoco, segretario, traduttore, ha il dono di affrontare le avversità con il sorriso, è il compagno perfetto, tanto perfetto che Alexandra lo adotta.

Passano gli anni, sempre in viaggio, sempre avanti e un’idea che le si fissa sempre di più nella mente: Lhasa, la capitale del Tibet, la città vietata agli occidentali, figuriamoci a una donna. Fra vagabondaggi, lunghe pause di meditazione nei monasteri, studio delle popolazioni che incontra; Alexandra mendica come una pellegrina, impara a vivere con il poco che lei e Yogden portano sulle loro spalle.

In ottobre del 1923, ritroviamo Alexandra e Yogden dove li abbiamo lasciati, vicino al fuoco di un bivacco.

«Andiamo?».

«Andiamo».

Alexandra con un calcio spegne le braci, e il viaggio inizia.

Strani fenomeni vennero ad accompagnare le nostre marce notturne; ci pareva d’essere entrati nel mondo di un mago”.

Viaggiano di notte per non essere scoperti, sono vestiti come tibetani, Yogden passa per un giovane Lama, Alexandra per sua madre, ha i capelli corti, si inventa delle trecce posticce con il crine di yak. È felice, sta andando a Lhasa, e senza pesi inutili, perché il povero viaggia leggero, si porta dietro solo lo stretto necessario, questa la vera libertà. È un viaggio duro, che mette alla prova Alexandra e Yogden, che patiscono la sete, la fame, il freddo, perdono la strada in mezzo a tormente di neve, vengono aiutati a proseguire da contadini, pastori, briganti.

Fa freddo quando si volge lo sguardo là dove non vi è calore”.

Il calore molto spesso si trova anche in mezzo alla neve, se si incontrano persone dal cuore aperto.

Dopo ogni difficoltà superata, Yoghden sorride e dice Lha Gyalo, gli dei sono vincitori, il bene ha ancora trionfato.

I due viaggiatori misurano il tempo con il mutare della natura, la neve, l’aria più leggera, il colore della terra e degli alberi, gli incontri, i pasti frugali e alla fine, eccola, Lhasa, le mura, le case e la sorte che li aiuta ancora una volta scatenando una tempesta di sabbia che protegge il loro arrivo in città. «Lha Gyalo» grida Alexandra, quando torna il sereno.

A gennaio 1925, i giornali parigini riportano la notizia che una francese, Alexandra David- Néel è la prima straniera a entrare a Lhasa e cominciano a fioccare richieste di resoconti del viaggio. Alexandra capisce che è ora di tornare.

Il ritorno è lungo, ma finalmente, la conquistatrice della città proibita, come la chiamano tutti, sbarca a Le Havre e incontra Philippe. Un fallimento.

Lui tratta con sufficienza Yogden, lei si offende, lui non ne vuole sapere, lei non se ne preoccupa, Yogden porterà solo il suo cognome, che problema c’è.

Alexandra compra una proprietà a Digne, in Provenza, il suo rifugio tra un viaggio e l’altro, lei e Yogden non ce la fanno a stare fermi, ma è un buon posto per scrivere e leggere, l’altra passione sua e del figlio. Improvvisamente, nel 1955, Yogden muore, lasciando Alexandra affranta. Dopo un anno, riprende a scrivere e a viaggiare, è sola, adesso, ma della solitudine non ha mai avuto paura e a 90 anni è ancora attiva, fra libri, saggi e conferenze. Ha 100 anni quando rinnova il passaporto, perché Alexandra non si è mai fermata davanti a niente, figuriamoci, davanti a una cosa stupida come l’età. L’8 settembre 1969 muore a quasi 101 anni, prendendo appunti per chissà quale altra avventura.

Cinque anni dopo le sue ceneri e quelle di Yogden vengono portate a Varanasi e disperse nel Gange. La ragazza ribelle ha continuato a viaggiare. Lha Gyalo.

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