Vizi e Virtù Conversazioni con Francesco è la serie tv in onda su la Nove in tre prime serate e sette episodi dove il Santo Padre riflette di etica e del rapporto che intercorre tra i sette vizi capitali (ira, superbia, invidia, accidia, gola, lussuria e avarizia) e le sette virtù (prudenza, giustizia fortezza, temperanza, fede, speranza e carità) così magistralmente affrescate da Giotto nella Cappella Degli Scrovegni di Padova.
A Dialogare con Papa Bergoglio è presente Don Marco Pozza, cappellano del carcere di Padova. Su Confidenze abbiamo tratto spunto da questa serie tv per parlare di vizi e virtù nella tavola rotonda Quali sono i nuovi vizi?
È difficile parlare di vizi e debolezze in un momento come questo, in cui ci sembra già di essere sottoposti a una sorta di giudizio universale continuo dettato dall’emergenza della pandemia, ma forse sono proprio gli eventi estremi a consentire di fare tabula rasa e ripartire verso una società con nuovi valori. Leggendo l’articolo mi ha colpito la frase di Papa Francesco: «siamo caduti nella cultura dell’aggettivo ci siamo dimenticati del sostantivo» dice il Pontefice alludendo al fatto che abbiamo perso di vista la persona. «È più importante essere uomo o donna che non avere questi vizi e virtù». Ancora una volta la contrapposizione è tra essere e avere, tra una società consumistica che ha spinto all’estremo l’individualismo, l’escalation al successo e l’arrivismo come unici valori in una corsa al possesso dell’ultimo oggetto di grido e una società etica che torna a intravedersi come una luce in fondo al tunnel.
In questi mesi di pandemia, la vita è stata stravolta da scenari impensabili fino a poco tempo fa. Per chi vive nelle grandi città, la trasformazione degli spazi urbani è sotto gli occhi di tutti: là dove prima si concentravano investimenti immobiliari stratosferici, ora sono rimaste cattedrali deserte nel centro di Milano; giovani coppie che complice il lavoro da remoto lasciano le metropoli per rifugiarsi nelle seconde case in campagna, dove magari i bambini possono almeno giocare su un prato; milioni di persone costrette a casa in smart working che hanno riscoperto una dimensione di vita non più scandita dai ritmi del pendolare, ma dalla gioia di pranzare insieme ai propri familiari e di scambiare quattro chiacchiere e che per la prima volta si sono sentite padrone del proprio tempo. Tornerà tutto come prima? Personalmente credo di no. Nel bene e nel male la pandemia è stata una svolta che ci ha costretto a ripensare i nostri vizi e le nostre virtù e a ridisegnare il nostro stile di vita.
Pensiamo solo ai mesi del lockdown alla riscoperta di mezzi come la bicicletta nelle grandi città (nel giro di un anno la viabilità urbana di Milano è stata stravolta dall’avvento di nuove piste ciclabili in zone prima impensabili) o anche una semplice passeggiata a piedi per la città che non ci concedevamo da tempi immemori; per non parlare delle priorità che la pandemia ci ha imposto complice la crisi economica: chi pensa più a cambiare vestito ogni tre mesi quando magari si è perso il lavoro e la preoccupazione numero uno è la salute, oltre alla sicurezza economica?
I giorni scorsi mi ha colpito una campagna stampa diffusa da Equo Garantito, l’associazione di categoria che raccoglie le maggiori realtà italiane del Commercio Equo e Solidale: s’intitola #ionontornoindietro e parte proprio dalla lezione durissima imposta dalla pandemia e dai comportamenti indotti per farne un punto di non ritorno, una svolta: una campagna per non dimenticare le scelte etiche, per costruire una normalità nuova, in cui siamo noi il cambiamento che desideriamo. Per esempio cominciando proprio a uscire dal loop della fast fashion e adottando un guardaroba etico (persino il mondo della moda ha capito che non ha più senso proporre una nuova collezione ogni tre mesi in un periodo storico come questo), poi scegliendo uno stile di vita che riduca il proprio impatto ambientale: quindi meno plastica e meno rifiuti, e poi buttando un occhio anche alla spesa scegliendo prodotti sani che rispettano l’ambiente. Siamo davanti a un cambiamento epocale, anche nelle nostre abitudini di vita quotidiana (quanti lavoratori per esempio resteranno in smart working anche una volta finita la pandemia? Si stima che saranno milioni) e allora per riprendere l’appello di Papa Francesco, questa è l’occasione per dimostrare di essere davvero persone e non solo soggetti di consumo.
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