Vorrei (ri) vivere gli anni ’60

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Qualcuno l'ho vissuto, ma ero troppo piccola e poco consapevole. Così, alla macchina del tempo chiederei di portarmi in versione ventenne

Alla domanda «In quale epoca ti sarebbe piaciuto vivere?», d’istinto risponderei «Ai tempi di Cristoforo Colombo». Perché l’idea di andare per mare alla scoperta di terre sconosciute mi affascina da morire.

Poi, però, penso alla vita infernale di quei poveri marinai. Maltrattati a bordo, se gli andava bene arrivavano a destinazione con lo scorbuto. Altrimenti, finivano in pasto ai pesci prima di raggiungere la meta.

Mi butto, quindi, sul periodo del Re Sole tra il 1600 e il ‘700. Ma anche in questo caso mi viene in mente che le vicende di corte sono belle solo nei film: allora i francesi (e non solo loro) vivevano nella sporcizia più totale e tra gli intrighi più feroci.

Morale, accorcio le distanze e mi colloco nei mitici Sixties. Un decennio al quale è dedicata la mostra Italia Sessanta. Arte, moda e design. Dal boom al pop, aperta a Gorizia fino al 27 ottobre (per saperne di più leggete l’articolo Anni ’60 super pop su Confidenze in edicola adesso).

A dire il vero, una breve parte di quel periodo l’ho anche vissuto. Ma visto che l’essere umano inizia ad avere ricordi dai tre anni, i primi flash della mia memoria risalgono solo al 1967. Quando boom economico ed esplosione della creatività in tutti i settori immaginabili erano già in atto. Ma io ero troppo piccola per rendermene conto.

Ecco perché alla macchina del tempo chiederei di riportarmi a quei tempi, questa volta in versione ventenne. Così, potrei godere con consapevolezza delle infinite meraviglie che ha riservato ai giovani di allora.

Certo, i Sixties sono stati anche gli anni delle rivolte studentesche e della guerra in Vietnam. Ma la Storia li celebra soprattutto per il fermento creativo che li ha caratterizzati.

Personalmente, di allora ricordo l’arrivo in casa del Sacco, la poltrona resa celebre dal Fracchia di Paolo Villaggio, che mio fratello e io fingevamo fosse un’isola da conquistare a suon di spintoni.

Poi, il mangiadischi portatile. E, soprattutto, quello fighissimo da automobile (fissato davanti alle gambe del passeggero), che durante i viaggi trasformava la nostra macchina in una discoteca itinerante.

Memorabili, infine, il Mobiletto Componibile Kartell, piazzato accanto alle nostre scrivanie perché le tenessimo in ordine. E l’orologio da tavolo Cifra 3 che, con i suoi numeri evidenti, ci obbligava alla più precisa puntualità.

Se questi oggetti li ho proprio vissuti, sono solo di riflesso le memorie sulla vita di allora.

Per esempio, ricordo perfettamente la mia mamma sempre in minigonna, con i capelli cotonati e gli occhi truccati come Mina, che andava in giro in Ciao (sul quale portava anche noi, uno davanti con le mani sul manubrio e l’altro seduto sul portapacchi). Parlava di divorzio e diritto di abortire (arrivati poi negli anni ’70).  E organizzava feste.

Per gli amici, ma anche per noi bambini visto che, quando ordinava il gelato per i suoi ospiti, ci regalava il ghiaccio secco. E noi lo mettevamo nella vasca da bagno piena di soldatini e inventavamo una guerra nella nebbia.

Sì, perché anche se piccoli, come tutti respiravamo il fermento creativo di quegli anni. Ed eravamo capaci di divertirci con qualsiasi cosa avessimo a portata di mano, animati dalla fantasia a mille tipica dell’epoca.

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