Immaginate la scenetta: alla mattina, praticamente all’alba, una pazza gira per i corridoi del supermercato con il carrello ancora vuoto, pronta a fiondarsi nel reparto della carne per prendere un arrosto che guarda soddisfatta fino a quando non raggiunge il settore del pesce.
Qui, orate e branzini la avvolgono nei dubbi: che siano una soluzione migliore per la cena che sta organizzando? Torna indietro, si sbarazza della noce di maiale e decide di optare per un menu marino. Quindi, continua felice il suo percorso che, però, si interrompe bruscamente al frigo delle sfoglie.
Di nuovo la titubanza si impadronisce della massaia-modello che, ansiata a mille e praticamente in apnea per lo stress, si domanda se in un mondo ormai più vegano che onnivoro una torta salata non sia perfetta per sfamare i suoi ospiti.
Ecco, allora, l’ennesimo dietrofront per mettere via i pesci e dare il via libera alla sfoglia. Ma quando i giochi sembrano fatti, arriva il colpo di scena: la pazza e il suo carrello si trovano davanti a linguine e fusilli, maccheroni e conchiglie, tagliatelle e lasagne. E finalmente scatta l’illuminazione: per una cena con i fiocchi ci vuole una bella pasta.
Avrete capito che la pazza in questione sono io, tanto incapace ai fornelli quanto abile a invitare amici a casa. Ai quali, appunto, con la puntualità di una cambiale propino sempre un primo piatto in modo di non deluderli (più avanti capirete il perché).
Ve lo racconto, perché su Confidenze in edicola adesso c’è un articolo dal titolo Pasta: tutto quello che devi sapere. L’ho letto e ho scoperto cose interessanti. Mentre già sapevo che uno spago o due rigatoni mettono d’accordo tutti.
La padrona di casa, a cui basta non distrarsi sul tempo di cottura per fare il suo bel figurone. E gli ospiti, sempre favorevoli a mettere sotto i denti l’alimento principe della dieta mediterranea, che non tradisce mai e, addirittura, crea indipendenza.
Se non mi credete, provate a pensarci: quanto tempo riuscite a stare senza mangiare la pasta? Ve lo dico io: pochi giorni. Tant’è che noi italiani all’estero dopo un po’ sentiamo un irrefrenabile bisogno di masticare semola. Così (pur sapendo che non si fa), ordiniamo le improponibili “tagliatelle alla bolognaise” suggerite senza vergogna nella maggior parte dei ristoranti di tutto il mondo.
Peccato che poi sul tavolo ci arrivi una specie di mappazza collosa e viscida, condita con intingoli che non hanno nulla a che vedere con il nostro ragù. Ma pazienza: avere sotto gli occhi quel piatto apparentemente succulento ci fa sperare (almeno per un momento) di poter godere dei sapori di casa.
Questo non succede mai. Ma lo sgomento del primo assaggio ha comunque un suo perché: ogni forchettata di bolognaise ci fa ringraziare di essere italiani. Anzi, italiani veri.
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