2 lezioni che ho imparato dai miei pazienti

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Anche i pazienti possono insegnare qualcosa a medici e nutrizionisti. Personalmente, due delle lezioni più importanti che nel corso degli anni ho potuto trarre sono queste

Fare il nutrizionista non significa solo consigliare diete, elargire suggerimenti nutrizionali, impartire indicazioni salutistiche. Rappresenta, piuttosto, una sorta di viaggio, un’immersione nelle vite e nelle storie di persone che lottano per migliorare il proprio benessere. Ogni paziente che varca la soglia del mio studio porta con sé un bagaglio unico di esperienze, sfide e aspettative. E, nel corso degli anni, ho imparato che il mio compito va ben al di là della “semplice” prescrizione di un piano alimentare. Sono diventato un ascoltatore, un confidente, un educatore e, a volte, persino uno studente.

Alcuni miei pazienti, infatti, mi hanno insegnato tanto, nella maggior parte dei casi senza esserne consapevoli. Mi hanno mostrato la profonda connessione tra cibo, corpo e mente, la forza di volontà nel superare le difficoltà, la resilienza dello spirito umano. Ogni sorriso, ogni lacrima, ogni piccolo passo avanti, o indietro, ha fornito spunti di riflessione preziosi.

Due tra le lezioni più significative che ho potuto trarre dalle esperienze con i miei pazienti e che mi hanno cambiato come professionista e come persona sono queste.

1. La nutrizione è molto più che cibo Il cibo non è solo calorie e nutrienti. Sì, certo, gli alimenti sono il nostro “carburante”, essenziale per fornire al corpo l’energia e le sostanze indispensabili per funzionare correttamente. Tuttavia, la nutrizione è un processo assai complesso, che coinvolge una vasta gamma di aspetti dell’esperienza umana. In particolare, l’alimentazione è profondamente intrecciata con il nostro benessere emotivo: a volte mangiamo per confortarci, altre per celebrare qualcosa, altre ancora nel tentativo di gestire meglio lo stress o per ingannare la noia. Per sviluppare una relazione sana con il cibo è dunque essenziale imparare a riconoscere e gestire le emozioni che ci spingono a mangiare in modo non equilibrato. E’ un’ottima idea, allora, farsi impostare una dieta apposita, ma altrettanto cruciale è iniziare ad ascoltare davvero il nostro corpo e la nostra mente, per capire se stiamo mangiando per nutrirci e non invece per compensare un bisogno emotivo che non riusciamo a soddisfare nel modo corretto.

2. La motivazione intrinseca è essenziale I pazienti che hanno avuto più successo sono stati quelli che hanno trovato dentro di sé la motivazione per cambiare le proprie abitudini alimentari. Che si tratti di affrontare con la dieta una determinata malattia, di perdere peso, di aumentare i livelli di energia o semplicemente di sentirsi meglio con se stessi, la motivazione deve venire dall’interno. È solo questo il motore del cambiamento duraturo. La motivazione che deriva da fattori esterni, come la pressione sociale o il desiderio di compiacere gli altri (non immagini quante siano le mogli che mi mandano i mariti perché vogliono che dimagriscano…), può essere utile all’inizio, ma nella maggior parte dei casi non è sufficiente per mantenere i cambiamenti a lungo termine. La motivazione proficua è quella che nasce dal profondo di noi stessi, dai nostri valori, desideri e obiettivi personali. È la spinta che ci porta a fare qualcosa perché lo riteniamo importante per la nostra vita. Quando la motivazione a cambiare è intrinseca, il processo diventa più sostenibile e piacevole: non si tratta più di fare sacrifici o di subire la dieta come una privazione, ma di compiere scelte consapevoli e in linea con la nostra “visione”. E, così, il piacere di prendersi cura di sé diventa spesso maggiore di quello procurato dal cibo.

Che ruolo ha in tutto ciò il professionista della nutrizione? Quello di supportare, incoraggiare e accompagnare le persone in questo percorso di cambiamento profondo, che non si esaurisce con la dieta. La nutrizione è un viaggio, fatto di alti e bassi, di scoperte e di momenti di difficoltà. Ma è un viaggio che vale sempre la pena intraprendere, perché porta a una maggiore consapevolezza di sé e a un benessere più profondo.

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