Il 16 maggio si è celebrata la Giornata mondiale della celiachia, patologia infiammatoria del piccolo intestino che viene scatenata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti.
Stime recenti evidenziano che gli italiani celiaci sarebbero 600.000, la maggioranza dei quali ne soffrirebbe senza saperlo.
Non è un problema da poco, perché la celiachia non diagnosticata – e quindi non curata – può avere conseguenze decisamente importanti per la salute.
Chi infatti soffre di celiachia e, ignorandolo, consuma glutine – un complesso proteico presente in molti cereali, quali frumento, farro, kamut, segale, orzo – si espone al rischio di una serie di gravi complicanze, tra cui addirittura alcune forme di tumori intestinali.
I sintomi della celiachia non sempre sono sufficientemente eclatanti o specifici da ingenerare sospetti nella persona che ne è malata e talvolta anche nel suo medico. Al di là di possibili manifestazioni intestinali, cosiddette “tipiche”, dell’intolleranza permanente al glutine, come la diarrea e i dolori addominali, ce ne sono altre, extraintestinali, che in alcuni casi sono gli unici sintomi e che dovrebbero mettere in allerta, specie se compresenti. Anemia, ulcere in bocca, dermatiti, rallentamento della crescita negli individui più giovani, disturbi del ciclo mestruale, difficoltà di concepimento, caduta dei capelli, ipotiroidismo e altre condizioni ancora sono tutte possibili manifestazioni cliniche della celiachia.
La celiachia è perfettamente gestibile, una volta scoperta. La cura di questa patologia è una sola ed è di tipo dietetico. Il celiaco deve attentamente escludere tutti i prodotti con glutine, quindi ogni cereale che naturalmente lo contiene e qualsiasi cibo lo annoveri tra gli ingredienti, anche in modo accessorio. L’eliminazione del glutine infatti deve essere totale: persino minime quantità di questa proteina nella dieta della persona celiaca sono in grado di danneggiare i villi dell’intestino tenue e di riaccendere sia la sintomatologia che la probabilità di incorrere in conseguenze severe. La dieta aglutinata va protratta a vita.
Se sospetti di soffrire di celiachia, la cosa che non devi assolutamente fare è togliere il glutine. Paradossale, vero? Eppure per scoprire la malattia grazie agli esami disponibili è essenziale seguire una dieta “normale”, che comprenda anche il glutine, altrimenti le analisi possono essere falsamente negative, ovvero non riescono a intercettare la celiachia in un soggetto che invece ne soffre (evenienza assolutamente da evitare).
Il mio consiglio quindi è di lasciar perdere il fai-da-te e rivolgersi, subito e direttamente, allo specialista gastroenterologo, che valuterà la storia clinica individuale e prescriverà le indagini più adatte. Poi, certamente, se la diagnosi di celiachia sarà confermata, sarà necessario adottare una dieta priva di glutine. Ci si potrà allora affidare a un bravo nutrizionista, per l’impostazione di uno specifico piano nutrizionale attento al glutine, bilanciato e anche idoneo a evitare il pericolo di incorrere in carenze di nutrienti vitali, sempre presente in una dieta che escluda molti alimenti.
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