La notizia è fresca: il sindaco di Senigallia respinge la richiesta avanzata da un gruppo di genitori, che avevano reclamato per i propri bambini un menu vegano nella mensa della scuola locale. E il rifiuto solleva prevedibili contestazioni e proteste da parte delle famiglie interessate.
Fino a pochi anni fa uno scenario del genere sarebbe stato difficilmente immaginabile. Ma oggi di scelte alimentari alternative a quella onnivora, e di vegetarianismo e veganismo in particolare, si parla molto.
La dieta vegana fa propri ed estende i capisaldi di quella vegetariana: oltre ad eliminare carne e pesce, esclude tutti i cibi di origine animale e quindi anche latte, formaggi, yogurt, uova, miele.
Con toni diversi, questo argomento, che un tempo era confinato alla nicchia degli esperti del settore o che circolava in internet e sui social per gli scambi tra seguaci e appassionati, ultimamente corre nella società civile e campeggia sul mezzo di comunicazione più trasversale e generalista che c’è: la televisione. Programmi di attualità e talk show di taglio socio-politico, come Ballarò su Rai 3 o Dimartedì su La7, non perdono occasione per riservare una striscia della puntata settimanale a notizie e approfondimenti sulla nutrizione, con lo sguardo spesso focalizzato sul veganismo.
Il fatto di cronaca che riguarda il sindaco marchigiano si inserisce in questo contesto e solleva qualche riflessione.
I genitori che vogliono disporre di menu vegani nella mensa della scuola accusano il primo cittadino di autoritarismo, se non di incostituzionalità. Fanno appello alle Linee guida nazionali per la ristorazione scolastica, che affermano che vanno assicurate adeguate sostituzioni di alimenti correlate a ragioni etico-religiose o culturali. Con la sua decisione il sindaco avrebbe violato il diritto alla libertà di scelta di una parte della popolazione.
Sul fronte opposto, il primo cittadino porta a sostegno della sua posizione motivi di ordine economico: menu specifici sono giustamente garantiti nelle scuole là dove esistono patologie che li rendono necessari, come nel caso della celiachia, per citare esempio conosciuto e frequente. In condizioni di salute normali, sostenere i costi e l’impatto organizzativo legati alla produzione e alla distribuzione di proposte alimentari sempre più diversificate diventerebbe impresa impossibile per i bilanci già strozzati dei comuni italiani.
Il sindaco dice espressamente di non voler entrare in considerazioni di natura sanitaria, che competono ad altre figure. Ma nei commenti alla notizia che si leggono in rete non mancano sottolineature di altro colore: nell’età delicata della crescita, il bisogno di assicurare ai bambini tutti i nutrienti necessari dovrebbe prevalere sulle ragioni di tipo ideologico.
La vicenda di Senigallia è una specie di cartina di tornasole di ciò che attraversa la società e la cultura nel nostro tempo. E, nel suo piccolo, divide. Voi cosa ne pensate? Credete che sia giusto pretendere menu vegani a scuola e che la decisione del sindaco abbia leso un diritto? Oppure siete tra coloro che sostengono che abbia fatto bene a respingere la richiesta dei genitori? E perché?
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