In anni recenti hanno conquistato una fetta di mercato di tutto rispetto, proponendosi come alternativa al latte vaccino, che fino a non molto tempo fa era l’unica bevanda tradizionalmente utilizzata a colazione dagli italiani, insieme a tè e caffè.
Oggi, le bevande vegetali sostitutive del latte e ottenute da riso, soia, avena, farro, mandorla e molti altri semi sono apprezzate e scelte regolarmente da tanti consumatori di ogni età, che li preferiscono al latte vero, a volte purtroppo perché sensibilizzati eccessivamente da fake news e affermazioni ingannevolmente spacciate per scientifiche in merito a una fantomatica insalubrità del latte.
Ognuno beva ciò che preferisce, naturalmente. Da nutrizionista, però, devo fare qualche considerazione su almeno un punto, perché sono ormai persuaso – anche ascoltando le parole dei miei pazienti alla Clinica del Cibo o ciò che mi scrivono i commentatori sui social – che molti non abbiano le idee completamente chiare in proposito.
Il “latte” vegetale non è latte. Si tratta di un alimento del tutto diverso, come d’altronde si percepisce immediatamente al gusto. Al contrario, la convinzione di tanti è che costituisca una reale alternativa al latte vero, paragonabile a quest’ultimo sotto il profilo nutrizionale e salutistico. Invece, le loro caratteristiche sono radicalmente differenti. E le potenziali ricadute sulla salute, dunque, lo sono altrettanto.
Con il latte, le varie bevande vegetali hanno in comune un solo aspetto: l’impiego che se ne può fare, per inzupparci i biscotti, macchiare il tè, piuttosto che adoperare come ingrediente della ricetta di un dolce casalingo.
Sulla base di tali considerazioni, nell’ottica di tutelare i consumatori, l’Unione Europa ha vietato la possibilità di usare per le bevande ottenute da soia, riso, avena & Co. il termine “latte”, ancorché seguito dal nome del vegetale da cui è stato ricavato. Il latte è esclusivamente quello prodotto dalle ghiandole mammarie delle femmine dei mammiferi: vacca, capra, pecora, bufala ecc.
La questione non è di poco conto: proprio per la loro natura, nei “latti” vegetali non si rinvengono quelle proteine ad alto valore biologico, quelle vitamine, quei minerali e tutti quegli altri nutrienti e micronutrienti presenti solo negli alimenti di origine animale. Credere che consumare bevande vegetali al posto del latte possa contribuire a soddisfare il proprio fabbisogno quotidiano di questi nutrienti è un errore. Si tratta di un aspetto critico evidentemente per tutti, ma per alcune fasce di popolazione particolari, come quella in età pediatrica, lo è ancora di più.
Un caso esemplificativo è rappresentato dal contenuto di calcio, elemento tipico del latte, ma di cui le bevande vegetali che vorrebbero rappresentarne un surrogato sono peculiarmente carenti, a meno che il calcio non venga addizionato artificialmente (e allora in etichetta deve essere precisato in modo chiaro).
Per amor di precisione, va anche detto che le bevande vegetali impiegate come alternative al latte sono poi spesso ricche di tante aggiunte non propriamente desiderabili: zucchero, sale, oli vegetali e additivi di varia natura (anche qui, l’etichetta vi toglie ogni dubbio).
Per alcuni, la differenza di caratteristiche nutrizionali tra latte e bevande vegetali usate in sua vece potrebbe chiaramente essere un aspetto positivo: le bevande vegetali non contengono lattosio (e quindi sono del tutto adatte agli intolleranti a questo zucchero), né colesterolo (e pertanto sono consumabili da parte di chi debba moderare l’introito di tale grasso). Ma questo non dovrebbe stupire: il “latte” di soia non è niente di molto diverso da un frullato di fagioli, per giunta decisamente annacquato.
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