Con la dolcezza si ottiene tutto, recitava un vecchio spot. L’importante è saperla dosare e non esagerare: oggi sappiamo che l’abuso di saccarosio (lo zucchero comune) è uno dei primi responsabili di diabete, sovrappeso e altre malattie croniche importanti. E se sei frequentatrice di queste pagine avrai probabilmente già letto alcuni miei post sull’argomento.
Ripiegare sul fruttosio potrebbe sembrare una scelta opportuna: lo zucchero estratto da un alimento sanissimo, come la frutta, non può certo far male, si dirà. Tanto più che alcuni marchi di prodotti pubblicizzati come nutrizionalmente pregevoli e amici della linea segnalano a caratteri ben visibili in etichetta la presenza di questo glucide, quasi fosse garanzia di salubrità. Ma invece non è così.
Se nella frutta il contenuto di fruttosio non pone alcun problema, grazie alla contemporanea presenza di fibre (che ne attenuano l’assorbimento) e alla concentrazione di vitamine, minerali, enzimi benefici, il fruttosio isolato e utilizzato come dolcificante o correttore dei sapori produce alla lunga conseguenze sovrapponibili a quelle dello zucchero comune.
È vero che il fruttosio impatta meno sulla glicemia, e questo sembrerebbe segnare un punto a suo favore. Nel medio periodo, però, il fruttosio con cui addolciamo il caffè o che ingeriamo insieme a bevande industriali, merendine, succhi di frutta, caramelle, yogurt, barrette dietetiche, biscotti, cereali per la colazione e altri cibi predispone comunque al diabete: una dieta ricca di fruttosio rende infatti le cellule del corpo meno sensibili all’azione dell’insulina, l’ormone che controlla il livello degli zuccheri nel sangue, esattamente come fa il saccarosio.
Non solo: è dimostrato che anche il fruttosio aggiunto agli alimenti tende ad alzare i trigliceridi e a far accumulare grasso, soprattutto sul girovita, il punto dove il deposito di tessuto adiposo è più pericoloso, perché collegato a un aumento del rischio cardiovascolare.
I giovanissimi, spesso i destinatari tipici di tanti snack contenenti fruttosio, sono particolarmente vulnerabili ai suoi effetti: una ricerca apparsa sul Journal of Hepatology e condotta su un gruppo di bambini e adolescenti ha verificato che l‘eccesso di questo zucchero danneggia il fegato con conseguenze persino paragonabili a quelle dell’alcol.
Senza cavalcare allarmismi (è sempre la dose che fa il veleno), meglio limitare al minimo i prodotti arricchiti di fruttosio, che il più delle volte coincidono con alimenti industriali, poco sani di per sé, e attingere in abbondanza alla frutta fresca, dove questo zucchero si trova naturalmente associato a uno scrigno di nutrienti preziosi. Qui il fruttosio si lascia apprezzare in tutta la sua dolcezza, senza quel “retrogusto” che nel tempo rischia di essere amaro per la salute.
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