Non è mica vero che la salubrità degli alimenti che portiamo in tavola dipenda solo dagli altri, coltivatori, allevatori, industrie alimentari o negozianti che siano. Molto spesso ci siamo anche noi tra i responsabili dei danni che subiscono i cibi, a causa delle modalità di cottura a cui li sottoponiamo.
Tralasciamo qui le errate tecniche di conservazione domestica e tutto il tema della sicurezza alimentare, di cui ho già parlato qui sul blog nel pezzo “Le abitudini in cucina che possono farti ammalare”.
Le conseguenze indesiderate legate alle modalità di preparazione dei cibi, sostanzialmente, rientrano in due categorie: l’impoverimento di nutrienti, antiossidanti e altre sostanze benefiche presenti negli alimenti e l’“arricchimento” in composti nocivi che si sviluppano con la cottura.
Molti composti presenti nel cibo – in primo luogo, ma non solo, vitamine e minerali – si degradano o si perdono in seguito a certe tecniche di cottura, depauperando così il capitale nutrizionale di ciò che mangiamo. D’altro canto, determinate modalità di preparazione (barbecue, frittura ecc.), soprattutto se non condotte con le necessarie cautele, provocano negli alimenti la formazione di composti potenzialmente pericolosi per la salute, come le ammine eterocicliche e gli idrocarburi policiclici aromatici.
Meglio allora limitare certe ricette alle occasioni particolari (una tantum, non temete, anche la cottura più “aggressiva” non vi farà alcun male) e, nella quotidianità, scegliamo le modalità di cottura dei cibi più sane. Quali sono? Eccole.
A crudo
Eh, sì: una prima, buona regola è consumare a crudo tutti i cibi che non necessitano di cottura. Non c’è alcuna ragione, ad esempio, di cuocere i finocchi, a meno che una ricetta particolare non lo richieda. Anche la verdura da consumare necessariamente cotta non dovrebbe comunque essere sottoposta a cotture prolungate: i broccoli sono, sì, naturalmente ricchi di sostanze antitumorali, come il sulforafano, ma più si cuociono e più ne perdono. Le eccezioni alla regola sono poche. Mi vengono in mente le carote: certi loro micronutrienti, quali il betacarotene, si assorbono meglio se questi ortaggi vengono cotti.
Scottatura
La usano in pochi, ma ben la conoscono i cinesi: consiste nell’immergere in acqua bollente gli alimenti solo per alcuni secondi o pochi minuti al massimo. È una modalità perfetta per chi si sente “raffreddare” dal consumo di cibi crudi (specie in inverno): con la scottatura i cibi saranno caldi, ma non stracotti e quindi manterranno i loro principi nutritivi quasi intatti. Un ottimo esempio di alimento da preparare così? Gli spinaci.
Al vapore
Sui gradini più alti del podio tra i diversi metodi, la cottura al vapore consente di conservare praticamente integro il capitale nutritivo dei cibi (e pure il loro sapore e, in parte, colore), senza nel contempo aggiungere alcunché di dannoso.
Forno convenzionale
Va benissimo, a patto di non superare i 180 gradi centigradi, di andarci piano con i grassi aggiunti e di evitare che si formino parti bruciacchiate sulle pietanze. Ottima, nella fattispecie, la cottura al cartoccio, che presenta i vantaggi della cottura al vapore… nel forno.
Microonde
È circondato da un alone di sospetto (forse perché il termine “microonde” risulta un po’ troppo tecnologico, se non quasi… fantascientifico), eppure cuocere i cibi freschi con questo strumento ne preserva il valore nutrizionale meglio di molti altri metodi, minimizzando la formazione di quei composti tossici tipici delle cotture ad alte temperature. Non esistono, al contrario, evidenze che il forno a microonde sia pericoloso per la salute (se usato correttamente, ovvio).
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