Recentemente ho letto che la FDA, la Food and Drug Administration, ovvero la potente autorità governativa statunitense a cui spetta la regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, sta rivedendo proprio in questi giorni la sua definizione di cibo “sano”.
La cosa non è di poco conto, per due motivi. Il primo è che la definizione di salutare (“healthy”, dicono loro) della FDA stabilisce i criteri per cui gli alimenti possono riportare legittimamente questa parola sulla confezione. Il secondo punto è che gli americani, obiettivamente, mangiano assai male, fatte le dovute eccezioni: la cosiddetta western diet, che da quelle parti va per la maggiore, è imperniata sul largo uso di cibi industriali e ultraprocessati e su eccessive quantità di zucchero, sale, grassi saturi e carne rossa, mentre, d’altro canto, è povera di vegetali freschi e cereali integrali, alimenti a cui tutti gli studi epidemiologici assegnano un ruolo fondamentale nella prevenzione di tante malattie.
L’obiettivo della FDA è aiutare con questa nuova definizione gli americani a migliorare la loro alimentazione, per ridurre la diffusione di obesità, diabete e altre importanti patologie croniche e così salvare vite. Secondo diversi esperti statunitensi dei settori della nutrizione e della salute, la FDA avrebbe potuto “svegliarsi” anche prima, ma tant’è.
A prima vista, può sembrare strano che si debba discutere di cosa è sano o meno, ma ti assicuro, da nutrizionista, che dare contorni precisi alla definizione è più arduo di quanto si creda.
Voglio riportarti di seguito proprio quali sono i che criteri deve soddisfare un prodotto alimentare per poter utilizzare il termine “sano” sulla confezione secondo la nuova definizione proposta dalla FDA. Prova a vedere che cosa non va:
“Contiene una quantità significativa di cibo appartenente ad almeno uno dei gruppi di alimenti raccomandati dalle Linee guida nutrizionali, come frutta, verdura e latticini.
Contiene determinate quantità di nutrienti “critici” (grassi saturi, sodio, zuccheri aggiunti ecc.), corrispondenti a una certa percentuale del loro consumo giornaliero massimo raccomandato”.
Per fare un esempio, basato sulle Linee guida statunitensi, un prodotto a base di cereali dovrebbe contenere per porzione almeno 20 grammi di cereali integrali e non più di 2,5 grammi di zuccheri aggiunti, di 1 grammo di grassi saturi e di 230 milligrammi di sodio per poter essere definito sano.
Io ho le mie idee in merito, ma questa volta mi piacerebbe sentire prima di tutto le tue e magari confrontarle, qui o sulla pagina Facebook di Confidenze. Tu cosa ne pensi? Da noi sarebbe utile un’iniziativa del genere, visto che anche in Italia il numero di obesi – anche tra i minori – ha raggiunto livelli allarmanti? E quale dovrebbe essere la definizione di cibo sano per gli italiani? Andrebbe bene quella della FDA o ce ne vorrebbe un’altra? Più restrittiva? Più permissiva? Che benefici reali si potrebbero ottenere, in termini di miglioramento della dieta e della salute dei nostri connazionali? Commenta e condividi liberamente le tue opinioni.
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