L’ultima volta che l’avevo vista da zia Olga era un’adolescente malinconica e timidissima. Oggi è una donna forte, che sorride alla vita nonostante i suoi problemi. La guardo ballare, non c’è niente di goffo o di sgraziato in lei. Anzi, è bellissima. Mi lascio trascinare
storia vera di Filippo F. raccolta da Giovanna Morini
«Tutto qui il tuo bagaglio?» chiede zia Olga lanciando un’occhiata alla piccola sacca da viaggio che tengo sulle spalle.
«Non intendo fare vita sociale» spiego laconico. Sembra che lei voglia dirmi qualcosa, poi cambia idea: «Puoi fermarti quanto vuoi, Filippo» si limita ad aggiungere con un sorriso. Io la ringrazio mentre salgo al piano superiore. Riconosco subito la stanza dalle pareti azzurrine, il copriletto a righe e la finestra che si affaccia sulla campagna, ma ancora prima identifico l’odore di legna e lavanda che aleggia nell’aria. Quante estati della mia adolescenza ho passato ospite in casa della zia, con i miei genitori troppo occupati con la libreria per accompagnarmi! Il cellulare squilla, è l’avvocato di Clarissa, la mia quasi ex moglie. Non ho intenzione di rispondere. Per questo ho chiesto ospitalità alla zia: ho bisogno di restarmene per un po’ lontano da tutto e da tutti.
E magari col tempo questo groviglio di dolore che mi porto dentro mi farà meno male. A cena la zia ha preparato le polpette, un tempo ne andavo pazzo, adesso cerco di mandarle giù solamente per non offenderla. Lei, lieta di avere compagnia, mi racconta delle sue attività al centro anziani nel paese vicino e di quanto ami vivere in campagna.
«Quando molti anni fa tuo zio e io ci trasferimmo quaggiù tutti ripetevano che avremmo avuto nostalgia della città, ma ti assicuro che non è mai successo. E anche dopo che sono rimasta vedova, ho scelto di restarmene qui da sola. Adoro occuparmi dell’orto e del giardino» dice. Poi si fa seria e mi guarda negli occhi: «Non hai quasi toccato cibo, si vede che stai male. Ti va di parlarmene?». Parlare di che?
Del fatto che non sono stato in grado di gestire la libreria dei miei e neppure la mia dannatissima vita? Con un pretesto torno in camera, ma dormo male. Sogno Clarissa che annunciava di volermi lasciare dopo solo due anni di matrimonio. Incapace di riaddormentarmi, vado alla finestra. Ricordo che da ragazzino mi incantavo a guardare i campi che si stendono a perdita d’occhio qua fuori e mi pareva che laggiù, da qualche parte oltre l’orizzonte, ci fosse qualcosa di meraviglioso che mi attendeva.
Come potevo essere così ingenuo?
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