C’è un luogo che più di altri coniuga in sé attese, pensieri, speranze, desideri, imbarazzi e silenzi: l’ascensore.
In quella manciata di secondi che ci proiettano verso casa, con il fardello della stanchezza di fine giornata o la curiosità e lo slancio verso una nuova, può accadere di tutto. Soprattutto se lo spazio di quel breve viaggio è condiviso con qualcuno di conosciuto e non.
Fateci caso, quante volte avete contato i secondi che mancavano al piano perché in ascensore con voi c’era il vicino musone che non spiccica una parola neanche sotto tortura? E quante invece avete desiderato che quella salita non finisse mai perché stavate chiacchierando così bene con un’amica o insieme a voi c’era un bel tipo fascinoso?
In quel tempo così ristretto eppure così dilatato può accadere di tutto, uno sguardo prolungato, un sorriso allusivo, la sensazione di trovarsi a contatto ravvicinato con qualcuno, a volte anche la paura di essere aggrediti.
Se poi l’ascensore si guasta, come succede a Claudio, il protagonista della storia vera L’ascensore, raccolta da Giovanna Morini e pubblicata su Confidenze, allora le dinamiche che si scatenano possono essere molto diverse, perché ci si trova a disagio nel condividere un imprevisto con qualcuno di sconosciuto e le situazioni di emergenza scatenano panico, fanno cadere le maschere sociali costruite per gli altri, fanno emergere il nostro lato più autentico e indifeso.
In quel margine di minuti dove tutto può succedere e l’attesa diventa febbrile si può anche desiderare di cambiare vita, aggrapparsi all’altro come un naufrago alla zattera e interpretare quell’incontro come un segno del destino. Poi quando la cabina sobbalza e riprende a funzionare la vita ritorna nei suoi binari predefiniti. O forse no, si continuaa sognare.
Ma voi, se poteste scegliere con chi vorreste rimanere chiusa in ascensore?
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