Non andavo ancora a scuola e già sapevo che da grande mi sarebbe piaciuto lavorare in un giornale. È successo così: mio padre disegnava a casa per alcuni quotidiani e spesso mi portava con sé quando doveva consegnare i suoi lavori al “palazzo dei giornali”. Finiva sempre all’ultimo momento e anche se aveva solo una 1100, non riusciva mai a trovare un buco, per cui parcheggiava in divieto di sosta in piazza Cavour, vicino al portone.
Il mio compito era quello, se mai fosse arrivato un vigile con l’intenzione di dare una multa, di spiegare che il mio papà sarebbe tornato subito. Non è molto edificante la cosa, ora me ne rendo conto, comunque io prendevo molto sul serio il mio ruolo e scrutavo le vie intorno, ripetendo tra me “la parte” e inventando improbabili discorsi. Intanto fantasticavo su come potesse essere dentro, questo palazzo che aveva sulla facciata tante scritte, come un’edicola.
Non ricordo se la mia missione sia mai andata a buon fine, non ho memoria di vigili inflessibili, ma ricordo benissimo invece quella volta che papà ha trovato un posto per l’auto e mi ha portata con lui. Che meraviglia! Tutta quella gente che scriveva e parlava, scherzava e discuteva, si lanciava messaggi da una scrivania all’altra. Sembrava facessero qualcosa di davvero importante ma avevano l’aria di divertirsi come bambini. Il mestiere più bello del mondo… La penso ancora così, dopo tanti anni di lavoro. E sono felice di poter partecipare a questa nuova “svolta” di Confidenze. Perché anche secondo me -come qualche amica ha detto all’incontro- ascoltare, conoscere le storie, le emozioni degli altri e restituirle in forma scritta (e con una grafica gradevole) a una comunità di lettrici/lettori, arricchisce tutti.
E a chi, adesso che abbiamo un blog tutto nostro, non viene voglia di raccontare?
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