Seduto su una poltrona a scacchi piazzata in un salottino dal sapore che più british non si può, Harry d’Inghilterra (o forse adesso dobbiamo chiamarlo Harry di Los Angeles?) legge l’introduzione del nuovo libro del Trenino Thomas, ispirato alla saga The Railway Series che a maggio festeggia 75 anni di vita.
Il video è stato girato all’inizio di gennaio. Cioè, appena prima che il (o l’ex?) duca di Sussex comunicasse alla famiglia (e al resto del mondo) la forte decisione di lasciare Londra, volare Oltreoceano con la moglie Meghan, il figlioletto Archie e affrancarsi dalla vita di corte.
Nel filmato, il vermiglio fuggiasco è impegnato nel suo primo lavoro da uomo libero: narratore di fiabe per bambini, per cui ha preso un compenso interamente devoluto in beneficenza. Il dettaglio, scusate, non è da poco: conferma, infatti, la fortuna di certe persone che, pur desiderose della propria autonomia economica e disposte a rinunciare alla paghetta di una nonna molto generosa, possono permettersi di non incassare il becco di un quattrino per le loro prestazioni professionali. Il tutto, senza rimanere comunque in braghe di tela.
Letta la notizia, mi sono chiesta: se tra quei rari eletti ci fossi io, come me la giocherei? Cosa farei se avessi l’opportunità di realizzare un sogno senza dover cercare finanziamenti (il nome altisonante me li farebbe cadere addosso a pioggia), la paura dei risultati (piove sempre sul bagnato) e il terrore di un probabile fallimento (la congiunta Elisabetta mi tirerebbe fuori dai guai)?
La risposta è facilissima: lancerei sul mercato un giornale tutto mio, che mi vedrebbe negli eleganti panni di editore, direttore e giornalista.
Sì, innamorata pazza del mio lavoro, approfitterei della bacchetta magica per provare a svolgerlo mantenendo il ruolo che già mi tocca (l’ultimo). Ma calandomi anche in quelli nuovi, nonostante non sappia neppure cosa comportino esattamente.
Così, in preda all’entusiasmo partirei subito con i colloqui per mettere in piedi una bella redazione. E qui, ragazzi, mi butterei nell’impresa (creare un gruppo affiatato che funzioni) con le stesse modalità con cui selezionerei gli invitati per una festa. Cioè, cercando gente molto diversa (fondamentale per dare varietà al giornale) ma accomunata dallo stesso obiettivo: rendere il risultato davvero speciale.
A redazione ultimata, poi, ci metteremmo finalmente tutti al lavoro. Dove? Come? Ecco, a questo punto entrerebbero in gioco le competenze di direttore ed editore di cui non ho la minima idea. Ma credo che neppure Harry sapesse facesse un “narratore di fiabe”.
Quindi, visto che questo post vuole essere una fiaba (e già che ci siamo, anche a lieto fine), il nostro team se la caverebbe benissimo. Il pubblico farebbe a gara per correre in edicola a comprarci. Gli inserzionisti ci pregherebbero per essere tenuti in considerazione. E la nostra rivista diventerebbe come il pane, presente in tutte le famiglie.
E se, invece, per disgrazia il progetto non dovesse funzionare? Beh, chiamerei di corsa nonna Elisabetta. Sicura che l’adorabile vecchietta perdonerebbe la nipote scapestrata che si è montata la testa. E che, dimenticando gli antichi dissapori, le offrisse una nuova possibilità, magari con mansioni più alla sua portata. Tipo, per dirla in termini militari, di giornalista semplice!
Ultimi commenti