Il primo articolo di Confidenze che ho letto questa settimana è Inadeguato io?, che parla dell’impostor syndrome. Cioè, della convinzione di non essere all’altezza dei propri compiti che colpisce anche me. Ma solo al 50%.
La percentuale dichiarata è presuntuosa (lo ammetto) ma sincera: un mio classico dei classici, infatti, è passare con disinvoltura dalla tracotanza sulle mie potenzialità (in qualsiasi campo) all’insicurezza che rasenta la patologia (sempre in qualsiasi campo).
In realtà non mi sono mai interrogata sui motivi di questi stati d’animo eccessivamente ballerini, eppure le testimonianze sul giornale mi hanno dato comunque una risposta.
Tutti gli intervistati raccontano di famiglie problematiche che durante l’infanzia hanno annientato la loro autostima. Be’, la mia di infanzia (ne vado fierissima e adoro ripeterlo come un mantra) è stata favolosa, con due genitori stupendi. È vero, però, che la mamma non ha mai perso occasione per criticarmi, mentre il babbut mi ha sempre portata sul piedistallo, trovando mirabolante qualunque cosa mi riguardasse.
Evidentemente i due metri di giudizio diametralmente opposti hanno contribuito ad alimentare nell’Albie uno psico-yoyo: sono capace di sentirmi dio calato in terra o l’ultima delle sfigate a seconda dei momenti. E senza che nessuna ragione apparente mi spinga in una o nell’altra direzione.
Questo dualismo, è ovvio, rende la mia vita una montagna russa. Anche se purtroppo prevale spesso la parte più insicura. E la prova si palesa ogni sacrosanto venerdì, il giorno del post.
Mi piace così tanto scriverlo che inizio già il martedì per poterlo ritoccare o addirittura stravolgere completamente con tutta calma. Ma quando il tempo stringe e lo rileggo per l’ultima volta, ecco che esplode l’insicurezza. Quindi, invece di trovarlo almeno carino dopo tanto impegno, lo giudico come la Corazzata Potemkin: una cagata pazzesca!
Per fortuna a questo punto entra in gioco la mia adorata amica (e collega, ma il dettaglio è secondario) Paola. La quale è così tenera da leggermi in anteprima. E io mi armo del coraggio per cliccare il definitivo “pubblica” solo se la vedo sorridere.
Concludo con le morali. La prima è sull’importanza dell’amicizia per sentirsi forti. La seconda: bisognerebbe dire grazie all’insicurezza, perché ci spinge a migliorarci e ad andare avanti (ho sempre sostenuto in modo un po’ semplicistico che se i dinosauri si sono estinti e noi no è perché a loro non è mai fregato niente di evolversi). La terza non è una morale, ma un’informazione: anche questa settimana non state leggendo un inedito, visto che il post sotto i vostri occhi ha già passato il vaglio della Paola!
PS. Grazie per ogni vostro eventuale like: un passo avanti verso l’autostima e uno indietro dal rischio di giornalista in estinzione (come i dinosauri)!
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